Lo studio ALTshock-2, recentemente pubblicato su JACC e presentato all’ACC 2025, rappresenta il primo trial randomizzato controllato a valutare in modo specifico l’efficacia dell’uso precoce del contropulsatore aortico (IABP) nei pazienti con shock cardiogeno da scompenso cardiaco (HF-CS), candidabili a terapia di sostituzione d’organo (heart replacement therapy, HRT), rispetto alla terapia standard of care (SOC) con inotropi e vasopressori.
A differenza dei precedenti studi sullo shock cardiogeno, che si sono focalizzati quasi esclusivamente su pazienti post-infartuali (come nello IABP-SHOCK II), ALTshock-2 esplora un’area clinica ancora largamente priva di evidenze: l’impiego dell’IABP in pazienti giovani, con shock da scompenso avanzato, prevalentemente non-ischemico, in stadi precoci secondo la classificazione SCAI, e con finalità di “bridge” verso trapianto cardiaco (HTX) o dispositivi di assistenza ventricolare sinistra (LVAD).
Disegno dello studio e caratteristiche della popolazione
ALTshock-2 è uno studio multicentrico, randomizzato, controllato e open-label, condotto in 11 centri italiani, con inclusione di 101 pazienti (53 nel braccio IABP + SOC, 48 nel braccio SOC). Il disegno prevedeva l’arruolamento di pazienti con HF-CS candidabili a HRT, in classe SCAI B-D, con età <75 anni, senza comorbidità gravi o disfunzione multiorgano avanzata.
Caratteristiche cliniche della popolazione
– Età mediana: 60 anni.
– Eziologia prevalente: cardiomiopatia non ischemica (60%).
– Frazione di eiezione (FE) mediana: 20%.
– Classificazione SCAI: 28% in stadio B (iniziale instabilità), 57% in C (shock conclamato), 15% in D (shock refrattario).
– Segni clinici: congestione significativa, con pressione arteriosa media preservata nei SCAI B-C, ipoperfusione periferica moderata.
– Score inotropico massimo (maximum inotropic score): simile nei due gruppi, ma tendenzialmente più elevato nei pazienti del gruppo SOC, suggerendo un potenziale effetto di risparmio inotropico dell’IABP, benché non statisticamente significativo.
Questa popolazione rappresenta un fenotipo clinico ben distinto rispetto allo shock cardiogeno ischemico: pazienti cronici, talora giovani, con disfunzione ventricolare severa ma ancora potenzialmente reversibile, congesti più che ipoperfusi, con vasoregolazione parzialmente conservata e candidabili a terapia avanzata.
Razionale fisiopatologico per l’uso dell’IABP
Nell’HF-CS, il razionale fisiopatologico per l’utilizzo dell’IABP si fonda su alcuni presupposti:
– Riduzione dell’afterload sistolico, con conseguente diminuzione dello stress parietale e del consumo miocardico di ossigeno.
– Aumento della perfusione coronarica diastolica, utile nei pazienti con ischemia subclinica o coronaropatia concomitante.
– Stabilizzazione emodinamica nei profili congesti, con incremento della portata cardiaca e riduzione delle pressioni di riempimento.
Tali effetti, se ottenuti precocemente (in particolare nei pazienti in stadio SCAI B, che presentano solo segni iniziali di instabilità), potrebbero prevenire la progressione verso lo shock conclamato e ridurre la necessità di inotropi ad alte dosi, con il loro noto potenziale tossico.
Endpoint e risultati
L’endpoint primario era un composito di sopravvivenza a 60 giorni o “bridge riuscito” a HRT (HTX o LVAD). Questo è stato raggiunto nell’81% dei pazienti del gruppo IABP e nel 75% del gruppo SOC (p = 0.45), senza significatività statistica.
Non vi è stata differenza significativa nel tasso di trapianto (17% vs 19%), impianto di LVAD (23% vs 15%), né nella necessità di escalation verso supporti meccanici più avanzati. Le complicanze emorragiche (BARC ≥3) sono state più frequenti nel gruppo IABP (17% vs 8.3%) ma non significativamente. Nessun caso di stroke ischemico, embolia sistemica o infezioni legate al device è stato riportato.
Lo studio è stato interrotto per futilità dopo l’analisi ad interim, a causa dell’elevata probabilità che un’eventuale differenza clinicamente rilevante non potesse essere raggiunta anche proseguendo il reclutamento fino ai 200 pazienti inizialmente previsti.
Punti di forza dello studio
– Primo RCT disegnato specificamente per pazienti con shock cardiogeno da scompenso (HF-CS), non ischemico.
– Popolazione ben caratterizzata e rappresentativa dei candidati a HRT, elemento che permette l’estrapolazione ai centri avanzati per insufficienza cardiaca.
– Disegno pragmatico e multicentrico, che riflette la pratica clinica reale, incluso il timing realistico dell’intervento.
– Conferma della sicurezza dell’IABP, con basso tasso di eventi avversi severi.
– Inclusione di pazienti in stadio SCAI precoce (B-C), coerente con l’ipotesi fisiopatologica dell’efficacia precoce del supporto.
– Massimo inotropic score come endpoint secondario utile a valutare l’impatto terapeutico e il carico farmacologico richiesto nei due gruppi.
Limiti rilevanti
– Campione numericamente insufficiente: lo studio ha incluso solo 101 pazienti rispetto ai 200 previsti, limitando la potenza statistica.
– Assenza di stratificazione pre-specificata per fenotipi clinici: congestione dominante vs ipoperfusione, ischemia vs non-ischemia, risposta precoce alla terapia medica.
– Uso non standardizzato dell’IABP: variabilità inter-centro nella tempistica di inserzione, gestione anticoagulante, strategie di weaning.
– Basso impiego di monitoraggio invasivo (solo 43%), elemento cruciale per ottimizzare la gestione emodinamica nei pazienti con shock.
– Tasso di successo elevato in entrambi i bracci: possibile bias legato all’elevata expertise dei centri partecipanti.
Commenti
Lo studio si pone in contrasto con i risultati dello IABP-SHOCK II (NEJM 2012), che portò al declassamento dell’IABP a classe IIIB nelle linee guida ESC, ma che includeva solo pazienti con shock post-IMA. La fisiopatologia dell’HF-CS è sostanzialmente diversa: coinvolge in genere una disfunzione cronica con componente di congestione, aumento dell’afterload e una ridotta riserva contrattile, spesso senza severa ipotensione iniziale. In questo contesto, l’effetto dell’IABP – riduzione dell’afterload e aumento della perfusione coronarica – potrebbe essere teoricamente più efficace.
Alcuni studi osservazionali (den Uil et al., EuroIntervention 2019; Vignon et al., FRENSHOCK; Basir et al., SHOCK-HF registry) avevano suggerito un potenziale beneficio dell’IABP in termini di stabilizzazione emodinamica e bridge verso HTX/LVAD. Tuttavia, l’assenza di controllo randomizzato, la variabilità nei criteri di selezione e il rischio di bias di sopravvivenza limitavano la validità di quei risultati.
ALTshock-2, pur non dimostrando superiorità clinica, rappresenta un passo metodologicamente rigoroso, che consente di ridefinire l’approccio alla selezione dei candidati all’IABP e, più in generale, alla terapia MCS nello shock cardiogeno.
ALTshock-2 contribuisce in modo sostanziale alla comprensione del ruolo dell’IABP nell’HF-CS. In una popolazione selezionata, in centri esperti, l’uso sistematico dell’IABP non ha dimostrato beneficio rispetto alla sola terapia medica. Tuttavia, il device si è dimostrato sicuro, ben tollerato, e logisticamente accessibile.
L’interpretazione dei dati invita a una lettura più sfumata: l’IABP non va impiegato in maniera indiscriminata, ma potrebbe mantenere un ruolo in “sottogruppi fisiopatologicamente coerenti” con il meccanismo d’azione del dispositivo.
Ad esempio:
– Pazienti in stadio SCAI B/C con elevato afterload e congestione dominante.
– Assenza di shock settico, aritmie instabili o disfunzione multiorgano avanzata.
– Necessità di stabilizzazione temporanea in attesa di HRT, laddove ECMO o Impella non siano indicati.
Il futuro richiede modelli decisionali guidati da parametri fisiologici, punteggi di rischio dinamici, imaging avanzato (es. strain, valutazione ventricolare destra), e integrazione di biomarcatori. I trial futuri dovrebbero puntare su disegni adattativi e analisi per sottogruppi precoci.
ALTshock-2 ci insegna che nello shock cardiogeno da scompenso la tecnologia non basta: è la personalizzazione della terapia, basata su timing, fisiopatologia e contesto clinico, a fare la differenza.
Bibliografia consigliata:
- Morici N, Oliva F, Agostoni P, et al. Early intra-aortic balloon support for heart failure–related cardiogenic shock: the ALTshock-2 randomized clinical trial. J Am Coll Cardiol. 2025;75(12):1423–1436.
- Thiele H, Zeymer U, Neumann FJ, et al. Intraaortic balloon support for myocardial infarction with cardiogenic shock. N Engl J Med. 2012;367(14):1287–1296.
- Baran DA, Grines CL, Bailey S, et al. SCAI clinical expert consensus statement on the classification of cardiogenic shock. J Am Coll Cardiol. 2019;74(19):2117–2130.
- Basir MB, Schreiber TL, Grines CL, et al. Real-world use of mechanical circulatory support in shock from heart failure: SHOCK-HF registry. J Am Coll Cardiol HF. 2023;11(3):180–192.
- den Uil CA, Brugts JJ, Roos-Hesselink JW, et al. Hemodynamic effects of intra-aortic balloon pump in patients with advanced heart failure and low cardiac output. EuroIntervention. 2019;15(2):124–131.
- McDonagh TA, Metra M, Adamo M, et al. 2023 ESC Guidelines for the diagnosis and treatment of acute and chronic heart failure. Eur Heart J. 2023;44(34):3001–320.